Depurare… senza inquinare

Depurare le acque di scarico prima di reimmetterle nel ciclo idrico naturale è un processo fondamentale per preservare le condizioni ambientali necessarie per la vita. Tuttavia il consumo di energia è importante. Una nuova direttiva impone ai depuratori di avere un saldo energetico pari a zero.

Tantissime attività umane, sia le quotidiane azioni domestiche che l’agricoltura e i processi industriali, producono acqua di scarto altamente inquinante per l’ambiente naturale. Per questo, prima di essere reimmessa nel ciclo idrico naturale, l’acqua subisce un trattamento di depurazione dalle sostanze inquinanti.

Ma come funziona un depuratore? Il processo di depurazione delle acque reflue consiste in una serie di trattamenti meccanici e biologici che hanno lo scopo di eliminare le sostanze tossiche. Per prima cosa l’acqua viene filtrata per separare gli scarti solidi, poi viene lasciata a riposare in grandi vasche dove colonie batteriche controllate mangiano la materia organica inquinante trasformando le sostanze tossiche in altre non pericolose. Il risultato di questo trattamento biologico è un fango che viene poi utilizzato per la produzione di biogas.

Raccontato così in breve questo processo non sembra nulla di che, ma richiede in realtà una grande quantità di energia per gestire la mole di acqua e mantenere le temperature necessarie alla proliferazione dei batteri “buoni”.

La Commissione Europea nel 2022 ha fatto un’approfondita valutazione della capacità degli Stati membri di gestire e depurare le acque reflue. Seppure il resoconto dipinge un quadro molto positivo, il 92% delle acque sono trattate adeguatamente nel rispetto di una precedente direttiva (GU L 135 del 30.5.1991), si evidenzia anche una nuova sfida: la necessità di ridurre le emissioni di gas serra, ridurre il consumo energetico e migliorare la circolarità nella gestione dei fanghi e delle acque trattate.

Per questo motivo tra le proposte di aggiornamento della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane è stata inserita anche la neutralità energetica degli impianti. Nel caso di approvazione di questa nuova proposta gli Stati membri dovranno garantire, entro il 31 dicembre 2040, che il totale annuo di energia rinnovabile prodotta a livello nazionale da tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane sia equivalente al totale annuo di energia utilizzata da tali impianti. In particolare l’attenzione è rivolta al potenziamento della capacità di produzione e sfruttamento dei fanghi di scarto per la produzione di biogas.

La sfida è ambiziosa e richiederà uno sforzo notevole per l’adeguamento degli impianti attuali, ma è un tassello importante e fondamentale per costruire una società che possa convivere con l’ambiente naturale senza distruggerlo e senza esaurirne le risorse fondamentali.

ARTICOLO A CURA DELL’UFFICIO D’AMBITO DI LECCO